Alfa Romeo 159 1951 - Ferrari 500 F2 1953
Ottenere due specifiche versioni delle monoposto che hanno vinto i primi quattro mondiali di Formula 1: questo è l’obiettivo perseguito con l’esecuzione che si va a descrivere. La base di partenza per il duplice intervento è costituita dai noti modelli Brumm in scala 1/43.
L’
operazione da affrontare preliminarmente è lo smontaggio totale dei modelli e
la sverniciatura delle carrozzerie mediante bagno in diluente nitro. Gli altri
pezzi vengono tutti eliminati ad eccezione dei pneumatici della Ferrari, che
riproducono fedelmente le scritte “Pirelli Stelvio Corsa”, e dei sedili. Il
primo intervento di ricostruzione riguarda l’adeguamento delle carrozzerie:
Entrambi
i modelli necessitano della stuccatura dei fori che ospitano gli assali delle
ruote nonché di tutti gli altri fori in cui venivano fissati i parabrezza, gli
specchietti retrovisori, i tubi di scarico; successivamente si rimodellano
tutte le aperture che consentono il passaggio dei braccetti delle sospensioni e
degli assali posteriori. Vengono altresì stuccati e rimodellati gli svasi dai
quali escono i tubi di scarico e si realizzano le aperture degli sportelli del
carburante e delle prese d’aria davanti al parabrezza. Particolare attenzione
viene riservata alla rivettatura che contorna l’abitacolo della Ferrari: la
fila di rivetti posteriore è infatti riprodotta sul lato sbagliato rispetto al
punto di giunzione dei due pannelli e così si coglie l’occasione per eliminare
tutta la rivettatura presente sul modello e rifarla completamente. La tecnica
utilizzata è la seguente: innanzitutto si eseguono dei forellini in
corrispondenza dei singoli rivetti da riprodurre; successivamente si incollano
dei fili di plastica ricavati da sprue e si lasciano sporgere abbondantemente
dalla parte esterna:
A questo
punto i fili devono essere tagliati ad un’altezza di un millimetro scarso ed
infine vengono riscaldati con una passata di fiamma di accendino per fargli
assumere la forma definitiva.
La fedele riproduzione dei tubi di scarico contribuisce in modo determinante all’impatto del modello finito; quello dell’Alfa Romeo, del tipo “8 in 2”, viene realizzato con tubicini di rame saldati per quanto riguarda i tubi veri e propri, mentre la protezione in alluminio e la staffa di sostegno vengono realizzate con lamierino e retina di ottone. La parte terminale del tubo deve essere poi assottigliata al massimo con lime tonde per ottenere un aspetto più realistico possibile, mentre la rivettatura sul fianco della protezione viene riprodotta con la stessa tecnica precedentemente descritta. Alla fine tra tubi, protezioni e staffa di sostegno, l’insieme conta 22 pezzi. La finitura viene eseguita con colori Model Master Metalizer e la ruggine presente sul corpo principale dei tubi viene simulata con applicazione del colore a pennello asciutto.
La fedele riproduzione dei tubi di scarico contribuisce in modo determinante all’impatto del modello finito; quello dell’Alfa Romeo, del tipo “8 in 2”, viene realizzato con tubicini di rame saldati per quanto riguarda i tubi veri e propri, mentre la protezione in alluminio e la staffa di sostegno vengono realizzate con lamierino e retina di ottone. La parte terminale del tubo deve essere poi assottigliata al massimo con lime tonde per ottenere un aspetto più realistico possibile, mentre la rivettatura sul fianco della protezione viene riprodotta con la stessa tecnica precedentemente descritta. Alla fine tra tubi, protezioni e staffa di sostegno, l’insieme conta 22 pezzi. La finitura viene eseguita con colori Model Master Metalizer e la ruggine presente sul corpo principale dei tubi viene simulata con applicazione del colore a pennello asciutto.
La
costruzione del tubo di scarico della Ferrari è più
semplice in virtù della sua conformazione (“4 in 1”) e della presenza di una
protezione meno elaborata. La tecnica di costruzione è del tutto analoga a
quella dell’Alfa Romeo ad eccezione della staffa di sostegno che ha richiesto
l’esecuzione dei fori di alleggerimento su tutte le sue parti. 10 pezzi in
totale sono stati sufficienti in questo caso.
La
griglia anteriore dell’Alfa Romeo è stata realizzata utilizzando una retina
fotoincisa opportunamente modellata e bombata. E’ stato poi applicato il
contorno del foro centrale che ospita l’albero di avviamento e che presenta i
fori di alleggerimento nonché l’albero di avviamento ricavato da un albero di
carica di un orologio da polso. La griglia della Ferrari è invece costruita con
retina di acciaio a maglie molto piccole, per il contorno del foro centrale è
stata utilizzata una piccola rondella mentre il contorno della griglia è stato
fatto con del filo di ferro appiattito con passaggio su carta abrasiva. Lo
sportello del carburante della Ferrari è stato realizzato in alluminio al
tornio mentre quelli dell’olio e dell’acqua, quello dell’Alfa Romeo e i
coperchietti delle prese dell’aria di entrambi i modelli sono realizzati in
lamierino di ottone; a tutti questi particolari sono stati poi aggiunti i
relativi gancetti di apertura. Il corpo principale degli specchietti della
Ferrari si sono ricavati da pezzetti di plastica “riciclata” ai quali si sono applicate
delle barrette di acciaio come sostegni e dei tondini di carta cromata
fustellati come vetri. A questo punto, per i residui particolari della
carrozzeria, si sono utilizzate fotoincisioni esistenti in commercio: i
parabrezza con i loro sostegni e i ganci a molla che chiudono i cofani motore
sono prodotti rispettivamente da Equipe Tron e da Tameo.
Il gruppo
ruote/sospensioni richiede in primo luogo la
realizzazione dei tamburi dei freni: quelli dell’Alfa Romeo vengono realizzati
in ottone al tornio per riprodurre fedelmente l’alettatura che rimane ben in
vista; quelli della Ferrari vengono invece costruiti in plastica poiché
rimangono seminascosti all’interno delle ruote. Vengono successivamente
realizzati i braccetti e gli altri particolari visibili delle sospensioni, i
tiranti dello sterzo, gli assali, i cavi dei freni. Per la costruzione di tutti
questi particolari si sono utilizzati tubicini di rame di vari diametri ed
eventualmente schiacciati per i pezzi a sezione non tonda, barrette di acciaio,
lamierino di ottone, resti di fotoincisioni riciclati, piccoli fili elettrici
per i cavi dei freni. La colorazione di questi particolari è stata effettuata
in gran parte con colori Model Master Metalizer mentre per i tamburi dei freni
ed altre parti delle sospensioni posteriori della Ferrari è stato necessario
ottenere un grigio chiaro lucido successivamente sporcato. Per il montaggio e
l’ancoraggio di questi pezzi ai corpi principali dei modelli si sono inseriti
all’interno di questi ultimi dei blocchetti di legno nei quali è stato agevole
praticare i fori necessari in fase di montaggio finale; è stato così possibile
ottenere un buon allineamento di tutte le componenti ed allo stesso tempo una
robustezza dell’insieme. Per quanto concerne le ruote si sono utilizzati cerchi
a raggi prodotti da BBR; i pneumatici sono BBR per l’Alfa Romeo mentre per la
Ferrari si sono conservati quelli originali come anticipato in apertura. Una
lieve usura dei pneumatici è simulata con passaggio del battistrada su carta
abrasiva.
Per la
costruzione della struttura principale degli abitacoli e dei cruscotti viene utilizzata plastica “riciclata” e plasticard; le
parti visibili dei tralicci dei telai sono riprodotte con tubi di rame (alcuni
dei quali schiacciati) ancorati alle strutture principali e tra di loro. L’Alfa
Romeo presenta una grossa centina nella parte inferiore dell’abitacolo
costruita con plasticard nel quale sono stati eseguiti i fori di alleggerimento
e che è attraversata dall’albero di trasmissione realizzato con un tubo di
rame. L’albero di trasmissione della Ferrari è invece nascosto sotto il tunnel
centrale realizzato con lamierino di ottone. Il cambio dell’Alfa Romeo è
costruito con plasticard sul quale viene posizionato il selettore
(fotoincisione Tameo) e la leva per la quale si utilizza una barretta di
acciaio con una pallina di stagno. Più complesso, quello della Ferrari conta un
totale di 10 pezzi tra lamierini di ottone, tubicini di rame, barrette di
acciaio e fotoincisione come sopra. Le pedaliere sono realizzate con lamierino
e fili di ottone, mentre tutti gli altri leveraggi con barrette di acciaio od
ottone. Per gli strumenti dei cruscotti si impiegano fotoincisioni e decals
Tameo mentre per i volanti, le cui corone sono rifinite in tinte legno di
diverse tonalità, si impiegano fotoincisioni di Equipe Tron. L’Alfa Romeo
presenta gli specchietti retrovisori montati all’interno dell’abitacolo nella
sua parte superiore e realizzati con lamierino di ottone e pellicola cromata
per i vetri degli specchi.
Per la
riproduzione dei sedili si utilizza la struttura originale che viene rivestita
con della carta-tessuto ricavata da tovagliolini ed applicata con colla
neoprenica. La tinta viene applicata prima con l’aerografo e
successivamente a pennello per rifinire e conferire un aspetto più realistico.
L’Alfa Romeo presenta anche una sorta di palpebra che unisce il sedile alla
parte posteriore dell’abitacolo ed al poggiatesta che viene realizzata con la
medesima tecnica.
Gli
abitacoli sono colorati con grigio chiaro lucido in diverse
tonalità così come la parte interna della carrozzeria per quanto riguarda la
Ferrari; l’Alfa Romeo presenta invece quella parte dell’abitacolo rifinita in
colore alluminio.
A questo punto
si procede alla verniciatura delle carrozzerie che già presentavano alcune
passate di fondo date dopo la stuccatura iniziale per evidenziare eventuali
imperfezioni. Un’ultima mano di fondo è pertanto sufficiente prima delle due
mani dei classici rossi Alfa e Ferrari; questi ultimi sono a loro volta
preceduti da una mano di bianco e seguiti, dopo l’applicazione delle decals, da
due mani di trasparente catalizzato. Tutte le operazioni
di verniciatura sono eseguite all’interno di una “scatola” dotata di un potente
aspiratore e di acqua che scende dall’alto formando un velo sulle pareti
interne e si raccoglie sul fondo per essere rimessa in circolo da una pompa
situata in un serbatoio a terra. Questo importante macchinario, che è stato costruito
traendo ispirazione da uno analogo visto all’interno di un laboratorio per la
lavorazione e la verniciatura della ceramica, reca un contributo sostanziale
alla lotta contro i “pelucchi”, sempre in agguato soprattutto nel momento della
verniciatura trasparente finale, e riduce drasticamente l’inquinamento nel
locale dove viene eseguita la verniciatura.
La Storia
L'Alfa Romeo
“Alfetta” 158/159 è una delle monoposto da gran premio più longeve: dal 1938 al
1951, con la pausa forzata della 2ª guerra mondiale, ha ottenuto innumerevoli
vittorie ed ha subito uno sviluppo che le ha consentito di passare di 180 CV
della versione degli esordi ai 425 CV delle versioni più evolute. Progettata da
Gioacchino Colombo per correre nella categoria “vetturette” deve il suo nome
alla cilindrata (15 = 1500 c.c.) ed al numero dei cilindri del motore (8),
anche se tutti la chiamarono subito “Alfetta”. Al debutto si trova a
fronteggiare l’agguerrita concorrenza delle monoposto tedesche (Mercedes e Auto
Union) ma questo non le impedisce di cogliere alcune vittorie già dalla prima
stagione di corse; a sorti alterne continua poi l’epica sfida con le monoposto
color argento e neppure gli eventi bellici riusciranno ad interrompere lo
sviluppo che la porterà a primeggiare nelle prime gare disputate dopo la
guerra. Nel 1948 consegue numerose vittorie ma la morte dei tre piloti di punta
(Varzi, Trossi e Wimille) porta l’Alfa Romeo al ritiro dalle competizioni. Nel
1950, all’avvio del 1° campionato mondiale di Formula 1, l’Alfa Romeo decide di
ritornare a gareggiare e l’Alfetta non ha rivali: con 6 vittorie su 6 gare
valide per il mondiale ottiene il primo titolo iridato. Intanto lo sviluppo
continua, nel corso dell’anno cresce costantemente la potenza, i freni vengono
adeguati a tale potenza e compare, nell’ultimo G.P. della stagione 1950,
l’ultima evoluzione, denominata 159 non perché fosse dotata di 9 cilindri ma
semplicemente per evidenziare l’evoluzione rispetto alla 158. L’incredibile
aumento di potenza pone il problema del consumo di carburante; nel 1951 vengono
così adottati serbatoi supplementari che caratterizzano la versione 159 con le
pance laterali allargate per poterli ospitare e che consentiranno alla 159 di
stivare fino a 332 litri di miscela a fronte di una percorrenza di 650 metri
con un litro. La 159 si differenzia dalla 158 anche per l’adozione del ponte
posteriore De Dion anziché del ponte “pendolare”, per l’impiego di 2
compressori volumetrici anziché di uno soltanto e per l’aggiunta di un
traliccio tubolare di rinforzo “a ringhiera” alle fiancate. In questa
configurazione finale la 159 pesava 250 kg. in più rispetto al debutto. La
necessità di seguire uno sviluppo così esasperato era dettata dalla sempre più
agguerrita concorrenza della Ferrari che nel 1951 a Silverstone riuscirà a
vincere il suo primo gran premio con Gonzales e successivamente ad ottenere
altre due vittorie con Ascari a bordo della 375. Ciò non impedirà all’Alfa
Romeo di vincere il titolo mondiale aggiudicandosi le restanti 4 gare valide per
il campionato del mondo.
La Ferrari 500 F2 viene concepita nel 1951 per
correre in Formula 2 (da qui deriva la 2ª parte del nome), formula che
prevedeva motori aspirati con cilindrata di 2 litri (da qui si risale alla
prima parte del nome che indica la cilindrata unitaria del motore a 4
cilindri). Progettato da Aurelio Lampredi, l’unità propulsiva della 500 F2
continua la rivoluzione segnata dal passaggio dai motori sovralimentati a
quelli aspirati già avviata con la 375 F1 da 4500 cc. del 1951. Da quest’ultima
monoposto la 500 F2 trae origine sia per quanto concerne il disegno del motore,
sia dal punto di vista telaistico. Le ridotte dimensioni del motore e la
compattezza del telaio permettono di realizzare una carrozzeria molto raccolta
ed una monoposto che nel suo insieme rivela una grande efficienza, flessibilità
operativa, equilibrio strutturale e facilità di guida. Il fatto che una
monoposto di formula 2 abbia conquistato 2 titoli mondiali di formula 1 è
dovuto al decadimento di interesse per le grandi monoposto manifestatosi in
seguito al ritiro dell’Alfa Romeo, all’indisponibilità di Fangio dopo il grave
incidente a Monza nel 1951, alla “débacle” della B.R.M., all’assenza dei
costruttori francesi e tedeschi. In seguito a questi eventi gli organizzatori
sono costretti a cambiare programmi e fanno disputare i gran premi alle formula
2 che assicurano un vasto campo di partenti. E’ uno scenario ideale per la casa
di Maranello che non ha problemi a schierare indifferentemente formula 1 o 2,
che dispone comunque di una monoposto eccellente e che in verità si trova a
gareggiare con avversari di diversa caratura: solo la Gordini sembra
inizialmente impensierire la Ferrari ma ben presto il connubio Ascari-500 F2
non avrà più ostacoli e disputerà due stagioni da record.
Le gare delle versioni riprodotte
G.P. di Spagna 1951, circuito di Pedralbes: è l'ultimo gran premio dell'anno, la gara è decisiva per l’assegnazione del titolo in virtù dell’esiguo vantaggio di tre punti che
Fangio ha su Ascari (Ferrari). La strategia delle gomme svolge un ruolo
determinante poichè il fondo del circuito spagnolo è molto abrasivo e l’Alfa
Romeo decide di montare grandi pneumatici da 18 pollici più resistenti
all’usura rispetto ai più piccoli (16 pollici) montati dalle Ferrari. La scelta
risulta vincente e la scuderia milanese riesce a concludere la gara con due
soste soltanto per il cambio delle gomme, mentre le Ferrari si devono fermare
tre volte accumulando un ritardo incolmabile. L’Alfetta 159M n° 22 di Juan
Manuel Fangio taglia così per prima il traguardo (foto 1) e si aggiudica il
secondo titolo iridato (il primo per il campione argentino).
G.P. di Gran Bretagna 1953, circuito di Silverstone: Alberto Ascari taglia vittorioso il traguardo al
volante della Ferrari 500 F2 n° 5 dopo una corsa condotta dall’inizio alla fine
e senza particolari emozioni per lui (foto 2). Tutto il 1952 ed il 1953
sono di fatto caratterizzati da una netta supremazia della 500 F2 che in quel
biennio ha vinto 14 gare su 15 disputate mancando soltanto l’ultimo gran premio
del 1953 vinto da Fangio con la Maserati. Alberto Ascari, dal canto suo, ha
saputo adattarsi in modo ottimale alla monoposto ed ha ottenuto nello stesso periodo 12 vittorie
sulle 15 valide per i campionati del mondo. Alla fine Ascari e la Ferrari
avranno vinto due titoli mondiali e stabilito il record stagionale di sette
vittorie per la casa di Maranello rimasto imbattuto fino al 2000.